Denominato anche "Il Piccolo Campo dei Miracoli" in quanto ricorda il complesso di Pisa ma in stile romanico.
Basilica, Battistero, Torre campanaria
La Basilica di San Vittore, eretta tra l’VIII ed il IX secolo d.C., forma un complesso monumentale, insieme all’adiacente Battistero di San Giovanni, di eccezionale interesse storico ed artistico tra i più importanti ed antichi della Lombardia.
La Basilica di S.Vittore
L’edificio, a pianta rettangolare, è diviso in tre navate, i cui rispettivi absidi sono posti ad oriente. La navata centrale è la più alta, conferendo all’edificio la caratteristica forma “a capanna” tipica degli edifici di età romanica lombarda. La nuda semplicità della muratura è rotta dalle finestre ad arco a tutto sesto disposte con simmetria lungo i fianchi, in facciata e nelle absidi. L’unico motivo ornamentale è costituito da una fascia continua di archetti ciechi che circondano l’intero edificio. La muratura è formata da piccoli conci irregolari e non squadrati, disposti, per la maggior parte, orizzontalmente; occasionalmente si alternano grandi pietre squadrate inserite soprattutto per formare gli angoli. A metà altezza della facciata sono visibili otto fori rettangolari che testimoniano l’esistenza di un antico portico esterno. Il portale originario, collocato al centro della facciata, è stato sostituito dall’attuale, costruito nel 1759.
All’interno, l’edificio è senza volte ad eccezione dei catini absidali, ed il soffitto è in legno a capriate. La Basilica è illuminata dalla serie di finestre strombate verso l’interno e poste in alto così da spingere i fedeli a rivolgere lo sguardo verso la luce, cioè verso Dio. Le arcate sono sostenute alternativamente da massicci pilastri a pianta quadrata e da esili colonne, quasi tutte romane di recupero. La Basilica non conserva nulla delle antiche decorazioni ad eccezione dei capitelli, poiché le pareti sono state intonacate e dipinte in epoca moderna. I due capitelli orientali sono di recente esecuzione; la seconda coppia è di un curioso stile corinzio, mentre un terzo è di uno stile corinzio più usuale con foglie di acanto in rilievo, strettamente copiato dall’antico; i restanti capitelli sono romani, di recupero, di età giulio/claudia. La navata centrale termina in una bell’abside semicircolare nella cui parete si aprono tre finestre. Nelle navate laterali, molto più basse della centrale, piccole absidi sono adibite a cappelle: la cappella a sinistra era un tempo dedicata a S. Antonio (non lo è più dal 1666, quando cioè fu eretta la sagrestia nuova), quella a destra è dedicata alla Madonna, e solo questa ha una piccola finestra.
La Basilica, priva di transetto, tiburio e cripta presenta solo il presbiterio lievemente sopraelevato rispetto al pavimento, anch’esso di moderna esecuzione. L’abside centrale accoglie il marmoreo altare settecentesco costruito su disegno del pittore Biagio Bellotti. Sopra l’ingresso è collocato il grande organo, fatto costruire nel 1879 da Pietro Martignoni.
I restauri iniziati nel 1890, che hanno ripulito esternamente l’edificio, hanno giovato all’aspetto del monumento, offrendo la possibilità di ammirare l’originale costruzione eseguita da maestranze di alto livello tecnico. Non si sa con certezza chi siano i costruttori dell’edificio: è tutt’altro che improbabile che sia stato affidato ai Maestri Comacini (artisti attivi fin dal VI secolo che fiorirono nell’area tra il Lario ed il Verbano) l’elaborazione dei progetti architettonici della Basilica e della torre campanaria e forse anche la direzione dei lavori. Tuttavia i Maestri Comacini tramandavano ai posteri la loro arte, ma non i loro nomi.
In anni recenti, i fenomeni di degrado causati principalmente dall’umidità di risalita dal terreno e dall’acqua meteorica hanno reso necessario il risanamento delle murature perimetrali in pietra. La prima fase dei lavori di conservazione ha riguardato la sistemazione delle murature perimetrali esterne: l’intervento ha consentito di valorizzare alcuni conci di pietra di riutilizzo, di particolare interesse storico.
Nel giugno del 1991 è stata avviata la seconda fase dei lavori, relativa al rifacimento del drenaggio perimetrale ed alla esecuzione della pavimentazione. Allo scopo di attuare l’intervento è stato necessario asportare il terreno di riporto addossato per realizzare il campo di calcio dell’oratorio. Ciò ha consentito di mettere in mostra il piano di campagna originario e lo strato di interesse archeologico. Il successivo rifacimento del drenaggio ha messo in luce numerose strutture murarie nel sottosuolo, nella zona absidale della Basilica.
La fase più antica presente nell’area è rappresentata dal muro dell’abside di un edificio religioso precedente quello attuale e del quale non apparivano indizi dai documenti. Tale abside è emersa solo parzialmente, ma con un andamento circolare chiaramente riconoscibile. La presenza di inzeppature di frammenti di laterizio riconduce questa muratura ad una tecnica edilizia presente in zona in epoca tardoantica. Lo spazio ristretto tra l’abside tardoantica e quella medievale ha fatto sì che si scavasse la parte esterna dell’abside, nella quale sono state ritrovate alcune sepolture da riconnettersi con la chiesa tardoantica. Le sepolture, orientate E-W, erano costruite con materiale litico disomogeneo, e l’interno non ha restituito resti di inumati. Altre due sepolture individuate, le cui strutture erano comprese solo in parte nello scavo, sono state solo rilevate in pianta. La fase successiva corre parallelamente all’edificio tardoantico, a formare forse un ambiente di servizio. La fase III è formata dall’attuale chiesa di S. Vittore, datata al IX secolo, mentre a quella più recente appartengono le fondamenta di una sacrestia cinquecentesca, abbattuta in epoca moderna.
Il Battistero di S.Giovanni
Il Battistero di Arsago venne costruito a pochi metri di distanza dall’ingresso della Basilica, e venne costruito, come quest’ultima, con materiale di antiche costruzioni romane demolite. L’edificio è cronologicamente assegnabile a circa l’XI secolo.
Esternamente, l’edificio presenta una pianta ottagonale, caratteristica degli antichi battisteri, sormontata da un tiburio a sedici profonde archeggiature irregolari, sulle cui pareti si aprono piccole finestre ad occhio, a croce ed ad arco a tutto sesto. Tra il tetto e gli archi si trova un motivo ornamentale costituito da una serie di archetti serrati tra una doppia cornice. La cupola porta sulla sommità un pinnacolo, sul quale svetta un’antica croce in ferro collocata nel 1874, a seguito di alcuni lavori di restauro ad opera del Prevosto Don Francesco Fontana. Esternamente, la muratura è completamente diversa da quella della Basilica e consiste di grossi blocchi rettangolari messi in modo che l’orizzontalità risulta frequentemente spezzata: la spiegazione è da trovarsi nel fatto che il Battistero è un edificio a volta, alle cui pareti è richiesta una maggiore resistenza. Su uno di questi blocchi esterni è incisa la dicitura “Monumento Nazionale”.
Si entra nell’edificio da due porte, con architravi e soprastanti lunette, che si fronteggiano ritualmente a nord ed a sud. Di fianco ad esse si trovano i punti di partenza delle anguste scale che, ricavate nelle spesse mura, conducono al soprastante matroneo. Originariamente, la persona che, dopo un lungo percorso di preparazione, si apprestava a ricevere il battesimo, entrava dalla porta nord (cioè dal buio) come peccatore, e si immergeva nella vasca posta al centro (oggi sostituita dal fonte battesimale); dunque si rivolgeva ad est per essere unto con il sacro crisma, entrando così a far parte della comunità cristiana, e poi ad ovest, per lasciare la sua vecchia vita. Alla fine usciva dalla porta a sud purificato dalla luce, dalla fede. All’interno, i muri sono ricoperti di pietra da taglio ed accuratamente eseguiti, e le poche parti decorate sono in pietra d’Angera.
Al piano terreno, le pareti di enorme spessore sono alleggerite da una serie di nicchie: sette di forma rettangolare ed una, la più orientale, semicircolare. Esse si affacciano al corpo centrale attraverso grandi arcature e ciascuna presenta, ai lati, due colonnine addossate agli spigoli che terminano con un capitello all’altezza dell’imposta dell’arco. Sopra questi capitelli le colonnine proseguono fino alla cornice di archetti in cotto che delimita il piano terreno.
La nicchia semicircolare accoglie il piccolo altare la cui mensa riposa su un ossuario di epoca romana (II-III secolo d.C.) che, in origine, conservava le ceneri di Calvisia Viriana, moglie di Tito Primo Aproniano. Nella nicchia accanto all’altare, a sinistra, è visibile una lapide il cui testo latino ricorda i primi restauri degli anni 1873-1874.
Ulteriori restauri, intrapresi nel primo decennio del secolo, completarono l’opera di riassetto e consolidamento totale dell’edificio. La nicchia accanto all’altare, a destra, funge invece da lapidario: in essa sono raccolte sette epigrafi d’età romana (I-IV secolo d.C.) ed una carolingia. Tra le prime figurano quattro votive: due a Giove, una al culto di Giunone ed una a dedica mutila. Accanto alla porta meridionale si nota un miliario, mentre un altro è reimpiegato come colonnina nella galleria superiore; entrambi sicuramente recuperati lungo l’antica strada romana Mediolanum-Verbanum che transitava nelle vicinanze. Tra le lapidi, è famosa quella che ricorda Arnolfo, illustre personaggio morto a venticinque anni nell’anno 893, un tempo murata nell’Abbazia di S. Maria in Monticello.
Il vaso battesimale, situato al centro, è inserito in uno scavo ottagonale a cui si discende per due gradini. Al piano terreno corrisponde una galleria superiore ad archi ed a volte a crociera su colonne e sostegni di fortuna: frammenti antichi, plinti, basi di capitelli, persino un’ara pagana con epigrafe abrasa. Il loggiato, profondo 2,30 metri e non protetto da parapetti, è illuminato da tre bifore e due altre aperture molto piccole strombate verso l’interno. Sulla parete meridionale è collocata un’importante epigrafe di età romana (I secolo d.C.) che ricorda il pontifex Caio Gemellio Terzio, salito al massimo grado della gerarchia sacerdotale pagana. Un antico bacile marmoreo, sostenuto da una colonnina tortile, è accostato ad una piccola nicchia, ricavata nel paramento murario orientale. Sopra le arcate comincia il tamburo della cupola, prisma a sedici lati, che si raccorda alla base ottagonale per mezzo di piccole trombe a gradini situate nei timpani delle arcate. Le facce di questo prisma continuano nella volta che sorregge direttamente la propria copertura in pietre scistose.
All’interno, le decorazioni scultoree fitomorfe e zoomorfe, tipiche del periodo romanico, sono ridotte a qualche esemplare visibile sui capitelli delle piccole colonnine del piano terreno e su quelli dei pilastri e delle colonne addossate al muro nel matroneo. Da notare, sul lato est, la monofora con taglio obliquo, attraverso cui la luce entra radente: si suppone che nel periodo pasquale la prima luce dell’alba entrasse direttamente a illuminare la piccola nicchia del matroneo.
La Torre Campanaria
In comunicazione con la Sagrestia è la Torre Campanaria che, a base quadrangolare, s’innalza a ridosso dell’abside settentrionale della Basilica. La canna quadrangolare, che presenta molti fori di ponteggi, è illuminata da oculi disposti piuttosto irregolarmente.
Le pareti sono divise in ripiani da piccole cornici decorate con archetti pensili sormontati da fregi a dente di sega. In alto, l’antica cella campanaria è caratterizzata da larghe e basse bifore, una per lato, con capitelli ornati da motivi zoomorfi ed antropomorfi.
La torre, costruita nei primi decenni del XII secolo con materiale proveniente da antichi edifici, presenta l’inserimento di pietre nobili di età romana ed altomedievale: esternamente una lapide votiva ad Ercole ed una lastra marmorea con incisa una croce greca, internamente una lapide votiva a Giove, agli Dei ed alle Dee. Restaurata nella seconda metà del XVI secolo in seguito ai danni causati da un fulmine, ed arricchita nel 1742 dal grande orologio, mantenne la sua fisionomia sino al 1872 quando, dovendo aumentare il numero delle campane ed essendo la cella troppo piccola, questa venne murata e le campane furono collocate su di un terrazzo soprastante, realizzato in pietra per poter sopportare il peso delle sei campane.
Nel 2014-2015 il complesso campanario è stato completamente smontato e restaurato.
Secondo alcuni arsaghesi la Torre Campanaria penderebbe un po’ verso la Basilica: si tratta però di un semplice effetto ottico, dato appurato a seguito di alcuni controlli.
Testi realizzati con il contributo degli studenti dei Licei Scientifico e Classico di Gallarate e in aggiornamento con i risultati degli studi più recenti.